Il Wta Premier Mandatory di Miami ha offerto grande spettacolo dall’anno della sua fondazione (1985), proponendo come vincitrici atlete facenti parte delle élite dei differenti periodi storici, da Steffi Graf a Martina Hingis, da Kim Clijsters a Serena Williams. Il 2019 ha offerto un cambio netto dal punto di vista ideologico, esattamente nel momento in cui Ashleigh Barty ha conquistato il titolo, superando in finale un’ottima Karolina Pliskova per 7-6(1), 6-3. Le differenze fra le due sono ben tracciabili anche ad uno sguardo distratto. La ceca rappresenta la giocatrice moderna tipo, servizio straripante e colpi dopo il servizio letali, con annesse intuizioni splendide e caratteristiche del suo cilindro tecnico, mentre l’australiana è la rappresentazione cristallina del tennis estetico, pensato, tatticamente ineccepibile.
Il contrasto di stili delle due protagoniste in campo nel 2019 ha proposto un match godibile ed in toto un grande spot per il tennis femminile, grazie ai colpi di fino e potenza di Pliskova e alle geometrie sensazionali di Barty. Il successo della giocatrice nativa di Ipswich ha generato una “rivoluzione vintage“, riportando in auge una verve che sembrava completamente scomparsa con l’avvento delle giovani tenniste, dagli anni ’10 del 2000. Barty è dotata di servizio solido, colpi in uscita da esso sopra le righe, gioco a rete da favola, trovate tattiche degne delle migliori interpreti di questo sport: completa. Chiunque abbia osservato un match intero dell’australiana è consapevole del bagaglio tecnico dell’atleta in questione, destinata a segnare il futuro dello sport in un modo tutto suo, dimostrando al mondo l’efficacia di uno stile d’altri tempi.
Il passato da diligente doppista è evidente per la strutturazione del gioco che adesso palesa Barty, ma negli ultimi anni è davvero una rarità che una giocatrice riesca a fare un salto così naturale fra una disciplina e l’altra del medesimo sport. La rivoluzione vintage di Barty non è certo partita a Miami, seppur la tappa statunitense abbia mostrato ancor di più la costanza di un gioco del genere e gli effetti positivi che esso comporta, necessaria per la successiva “presa di Parigi“, con conseguente primo trionfo Slam. La tennista classe ’96 fa parte della categoria delle creatrici, non sarà l’erede diretta della connazionale Margaret Smith Court, ma è il “nuovo” che avanza. Le trovate tattiche di Barty non sono semplicemente concepite per inanellare vittorie, sono una lettera di amore puro al tennis della nostra epoca, scritta a mano.