Serie A

Napoli, Gattuso: “Mi interessa avere coerenza e credibilità. Ancelotti? Un punto di riferimento”

Rino Gattuso
Rino Gattuso - Foto Antonio Fraioli

Gennaro Gattuso, intervistato da Sky Sport, ha rivelato di essere stato completamente catturato dal mondo del Napoli, che ormai è entrato a far parte del suo cuore: “Voglio scrivere altre pagine importanti in questo nuovo mestiere. Voglio vincere qualcosa di importante, ma di là dei trofei, mi interessa avere uno stile, coerenza, credibilità, farsi seguire dai propri giocatori”.

Il tecnico dei partenopei sente di essere maturato molto grazie alle esperienze fatte nel corso degli anni, anche se la grinta resta la sua vera peculiarità: “La carriera che ho fatto mi ha aiutato nelle dinamiche giornaliere, ma è totalmente diverso come lavoro. Serve grande conoscenza, non basta aver giocato a calcio perché il calcio è cambiato tanto, così come la metodologia. La grinta resta, è una mia caratteristica, ma è una grinta diversa, bisogna essere più riflessivi e conoscere i giocatori caratterialmente. All’inizio pensavo ai giocatori tutti uguali, ho sbagliato per qualche anno, non è corretto perché ognuno è diverso e ha una chiave diversa”.

Gattuso crede che il calcio abbia subito degli evidenti cambiamenti rispetto al passato: “Dieci anni fa vedevamo 30 minuti di spezzoni, non c’era match analysis. Oggi ci sono telecamere fisse, c’è un ‘grande fratello’, si analizzano anche gli allenamenti e non solo gli avversari. Abbiamo tanti strumenti in più per valutare la forma, è cambiato molto. Ci sono molte più informazioni, negli staff ci sono 15 persone. Oggi ci sono rose di 25 giocatori, lo staff e altri 15 fisioterapisti ed altri da gestire, hai la comunicazione che lavora con te, con altre persone. L’allenatore deve dare una linea guida a 70-80 persone, non è facile e la bravura è nel farsi capire subito. La squadra non è solo quella che scende in campo, ma tutti quelli che stanno a contatto con la squadra”.

L’ex centrocampista del Milan ripensa agli inizi della sua carriera, a quelli che erano i suoi obiettivi e ai traguardi raggiunti: “La qualità era prima di tutto quella di non mollare mai, lottare, la coerenza che ti dà la fiducia della squadra e dello spogliatoio. Il lavoro quotidiano, la passione, la voglia di migliorare e col tempo l’ho fatto. Ho dedicato più tempo al calcio che alla mia persona, ho sempre pensato di fare un lavoro bello, un gioco da bambino poi diventato lavoro e non ho lasciato nulla al caso. Non immaginavo di vincere due Champions, il Mondiale, di entrare nella storia del Milan per presenze, i sogni però si avverano se lavori e non molli mai”.

Ringhio, sulla panchina del Napoli, ha preso il posto del suo mentore Carlo Ancelotti, a cui lo lega un bel rapporto di stima e rispetto: “Carlo è sempre stato un punto di riferimento, sia quando ero giocatore che da allenatore. C’è grande rispetto. E’ successo un qualcosa di strano, ma c’è rispetto, mi ha lasciato una grande squadra, tuttora ci sentiamo. Nel calcio paga l’allenatore quando i risultati non arrivano, ma l’amicizia non è cambiata assolutamente. Seguirlo? Non si può seguire, si fanno solo danni se si vuole imitare uno come lui. Per come gestisce gli spogliatoi, per come ha gestito noi, me, come continua ancora a farlo, lui ha dentro questa dote, essere credibile ed entrare nella testa dei giocatori da 20 anni. Eravamo padre-figlio ad un certo punto, non giocatore-allenatore, e se ho fatto quello che ho fatto tanti meriti sono suoi”.

Dopo un’inizio non facile Gattuso è riuscito a dare una scossa al suo Napoli, riportandolo in zona Europa League: “Sapevo che venivo in un grande club, che negli ultimi 7-8 anni è diventato uno dei primi al mondo, mi ha colpito la chiamata di De Laurentiis. Non me l’aspettavo, sapevo il valore di Carlo, è stato un orgoglio e sono contento pur sapendo delle difficoltà. Allenare questi giocatori e lavorare in una città così mi dà carica e soddisfazione. Quando andrò via voglio essere ricordato per la serietà, la voglia, per aver fatto cose importanti, poi i giocatori devono essere gli idoli perché loro vanno in campo”.

SportFace