Anche nei deserti più aridi può nascere un fiore, diceva Epicuro appena tre millenni or sono. Non era un nome inedito nel circuito quello di Flavia Pennetta nel 2014 quando a Indian Wells piazzò la prima storica bandierina italiana nell’albo d’oro, eppure pochi mesi prima in pochi avrebbero scommesso su di lei. Il 31 agosto del 2012 la brindisina classe 1982 era finita sotto i ferri per sistemare quello scafo lunare del polso destro rotto all’85% e il rientro dopo un stop del genere ha rischiato di portare strascichi deleteri. Inevitabili le sconfitte con avversarie di bassa classifica, la stessa che a giugno la vide piombare fuori dalla top-150. E i pensieri negativi che si accavallano, l’idea di aver ormai dato il meglio a trent’anni già superati, l’ipotesi di ritiro balenata dopo Wimbledon ma fortunatamente scacciata da quei risultati che finalmente iniziavano ad arrivare nelle settimane seguenti. L’operazione rilancio con coach Salvador Navarro al proprio fianco vede la prima sliding door a Flushing Meadows con la prima semifinale in carriera in uno Slam: la sensazione è quella di aver finalmente scollinato e con un finale tutto da scrivere.
TU VUO’ FA L’AMERICANA – Oltreoceano Flavia ha scritto le pagine più importante della sua carriera e del tennis italiano al femminile. Il rapporto particolare con gli States era legato a doppio filo alla brindisina già dal 2009, quando il torneo di Cincinnati le regalò l’agognato ingresso nelle top-10: la prima azzurra a riuscirci, un’apripista importante e traino in quel decennio stellare che portò in dote, tra le altre cose, quattro Fed Cup tra 2006 e 2013. Un’onda lunga proseguita con l’apice raggiunto nel 2015, ancora a New York, nella finale Slam emotivamente più bella di sempre, quella tutta italiana con l’amica Roberta Vinci. Dopo aver sollevato il trofeo nella Grande Mela, Flavia comunicò a tutti che quella sarebbe stata la sua ultima stagione sul circuito lasciandoci tutti di stucco: ritirarsi quando si è sul punto più alto, un tributo a quel luogo che le aveva permesso di coronare il personale sogno americano. Un atto di coraggio importante dettato tuttavia da qualche priorità diversa a far capolino nella propria vita.
IL FIORE CHE SBOCCIA NEL DESERTO – Un anno prima, nel 2014, in quel torneo di Indian Wells Flavia aveva fatto jackpot e non solo in campo sportivo. La Townsend e la Stosur la costrinsero al terzo set nei primi due turni poi il derby a senso unico contro la Giorgi, issatasi agli ottavi dopo essere partita dalle qualificazioni e aver estromesso la Sharapova. Ma fu il quarto con la Stephens a lanciarla definitivamente verso il rush finale: un terzo parziale giocato in condizioni quasi impossibili per il vento, una rimonta dallo 0-3 (e palla dello 0-4) prima di spuntarla per 6-4. Il treno Pennetta era ormai in piena corsa e travolse anche la numero 1 del seeding Li Na staccando il pass per la finale contro Agnieszka Radwanska, la numero 2 del tabellone. La polacca non era al meglio, era fortemente condizionata da un infortunio al ginocchio e per lei risultava impensabile giocarsela ad armi pari con una Flavia al top, decisa nel riprendersi quanto la sfortuna le aveva sottratto nel corso degli anni. Bastarono 73 minuti per andare a stringere la mano ad Aga e dare il via alla festa con il proprio box, in cui non poteva non essere notata la presenza di Fabio Fognini. Era la settimana dei primi rumors, nonostante le smentite di rito (“Siamo solo amici” o “E’ il mio assistant coach per questo torneo”) la complicità tra i due era abbastanza evidente. Un abbraccio imbarazzato davanti alle telecamere, poi il gavettone di Fabio alla sua futura moglie che scacciò via ogni timidezza e sciolse tutti in una risata liberatoria. Indian Wells, oltre a far sbocciare definitivamente la seconda vita tennistica di Flavia, ha dato ufficialmente il via anche a una felice storia d’amore che ha portato alla nascita di Federico nel 2017 (in nome dell’amico e compianto tennista Luzzi, scomparso per una leucemia fulmimante nel 2008) e, da pochi mesi, la piccola Farah. Si immaginava già mamma, forse, la Pennetta durante la premiazione degli Us Open: di favole ai suoi piccoli ne avrà da raccontare.