Rugby

Italia-Sud Africa, azzurri oltre ogni limite: gli Springboks si inchinano a Parisse e compagni

Rugby, Italia-Sudafrica - Foto Antonio Fraioli

Qualche tempo fa, dicevano che qualsiasi squadra di seconda serie, in Sud Africa, sarebbe stata in grado di battere facilmente nazionali come quella azzurra. Oggi, nella bolgia dell’Artemio Franchi di Firenze, gli Springboks devono inchinarsi a Sergio Parisse e compagni. L’Italia del rugby firma la sua impresa storica: vittoria (la prima di sempre) per 20-18 contro una delle tre squadre più forti del mondo, partita disputata ad altissimo livello, gioia e lacrime.

Nella partita degli azzurri c’è di tutto: la voglia di riscattarsi dopo la sconfitta di sabato scorso all’Olimpico contro la Nuova Zelanda, il desiderio di rimettere in piedi un percorso tecnico del tutto rinnovato, la fame di successo. La prima meta di Bryan Habana, dopo soli otto minuti di partita, è un piccolo incidente tecnico da riparare al più presto. Ci pensa Andries Van Schalkwyk, uno degli stranieri d’Italia, a rimettere tutto sul binario giusto, di spinta, di forza, di rabbia. La prima meta azzurra della partita è una sorta di inno al coraggio.

Carlo Canna realizza, uno spento Pat Lambie no. La differenza, nel match, la fanno anche le soluzioni su calcio piazzato. L’Italia non se li lascia scappare (Edoardo Padovani ne timbra uno da metà campo e accorcia le distanze dopo la meta ospite di Damian de Allende), il Sud Africa preferisce spesso la rimessa in touche.

L’Italia va al riposo sotto di due (10-12), ma con una consapevolezza nei propri mezzi che mancava da tanto, troppo. Il capolavoro del ct Conor O’Shea si concretizza nel secondo tempo: gli Springboks soffrono  lo stretto terreno di gioco del Franchi, perdono palle semplici, non approfittano di clamorose superiorità numeriche; l’Italia sfodera gli artigli e risponde come meglio non potrebbe. La maul è un’arma vincente nelle mani dei XV giganti buoni dell’Italrugby: prova e riprova, arriva la meta di Giovanbattista Venditti che ha la strada spianata dallo schema azzurro, ma non rinuncia – prima di schiacciare l’ovale a terra – a dare una spallata a de Allende, cercato lungo la sua traiettoria di corsa. Un gesto spavaldo, quasi di lesa maestà, contro uno dei mostri sacri di questo sport.

Ma oggi, a Firenze, tutto è possibile. L’Italia resiste senza particolari patemi d’animo. Marco Fuser si vede annullare una meta nelle ultime fasi di gara, dopo una segnalazione del TMO; ma è solo un modo per rimandare la festa e godersela ancor di più. Il Sud Africa, dopo il fischio finale, è accovacciato sulle proprie gambe, pronto a sottoporsi alla fucilazione mediatica in patria (è la seconda sconfitta consecutiva contro una squadra europea, dopo quella di sabato scorso contro l’Inghilterra) e a interrogarsi sul proprio futuro. L’Italia è lì in piedi più che mai, a esultare sotto la Fiesole e a gridare all’impresa. Nel 1999 proprio gli Springboks avevano inflitto agli azzurri la più pesante sconfitta della loro storia (101-0); oggi, a distanza di 17 anni, l’onta di quel risultato è finalmente cancellata. L’Italia del nuovo mago O’Shea è pronta a togliersi altri sassolini dalle scarpe.

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